martedì 11 marzo 2014

Un noir claustrofobico

In un torrido ferragosto bolognese, tre persone entrano insieme nell'ascensore di un palazzo di venti piani, una grande torre bianca che svetta su un quartiere popolare. Di colpo si spengono le luci, e i tre si trovano intrappolati tra l'undicesimo e il dodicesimo piano. Claudia è una studentessa omosessuale che per pagarsi gli studi è costretta a fare la cameriera in un bar. Ha solo voglia di rientrare nel suo appartamento per farsi una doccia. Tomas è un ragazzo di sedici anni che vive nel palazzo coi genitori. Sta scappando di casa e deve raggiungere Francesca per fuggire con lei verso una nuova vita. Aldo Ferro è proprietario di tre noti locali, marito e padre, ma anche efferato serial killer e produttore di snuff movies casalinghi. Non vive in quel palazzo, ma vi custodisce i ferri del mestiere. Ha molta fretta: deve tornare in una baracca tra le montagne dove, incatenata ma ancora viva, c'è la sua ultima vittima a cui ha staccato la pelle del viso per poi riattaccargliela con i chiodi, ma capovolta. Quella che inizia nell'ascensore bloccato, tra il caldo, la sete, la lotta per l'aria, i cellulari impazziti, è un'incalzante suspense story beffarda e crudele che col passare delle ore assume contorni surreali, minacciando di precipitare a ogni istante nel puro orrore di un incubo senza fine.

Sulla scia di "American Psycho", il romanzo ideale per riscoprire un autore italiano, con una prosa tagliente e decisa, condita qua e là da ingredienti macabri e torbidi. Nel 2008 ne è stato tratto anche un film, dall'omonimo titolo.
Un romanzo claustrofobico, dal finale incerto e totalmente inaspettato ma, soprattutto, incredibilmente attuale a distanza di dieci anni.

Blackout,
Gianluca Morozzi,
Guanda, 2004

Buona lettura, 
Vi.

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